di: Vincenzo Morena
Il lisozima presente nel Grana Padano Dop non può essere qualificato come coadiuvante tecnologico ma resta un additivo conservante del prodotto; esso, pertanto, va indicato tra gli ingredienti. Lo chiarisce il Tar Lazio sez. III quater nella recente sentenza 14 dicembre 2023, n. 18931.
I Giudici amministrativi hanno, così, dato ragione al Consorzio del Parmigiano Reggiano, che invece è prodotto totalmente privo di additivi.
Al centro della querelle, la circolare protocollata 19335 del 08/05/2018 del Ministero della Salute, che - in contrasto con il regolamento europeo n. 2008/1333 - stabilva la classificazione del particolare enzima in questione con attività battericida da "additivo conservante" a "adiuvante tecnologico", consentendo, pertanto, anche al Grana Padano Doc di di riportare in etichetta la dicitura "senza conservanti" (la decisione del Dicastero si basava su pareri scientifici che dimostravano come l'azione del lisozima fosse quella di "pilotare" le fermentazioni in modo corretto, impedendo lo sviluppo di microrganismi che potevano alterare la maturazione dei formaggi). La nuova classificazione del lisozima prevista dalla circolare modificava - quindi - l'elenco degli addidtivi alimentari considerati tali dalla normativa comunitaria, consentendo, tra l'altro, solo al Grana Padano e a qualche altro formaggio di trarne beneficio.
Netto, però, il verdetto dei Giudici: secondo il Tar, infatti, questa deroga alla normativa che era stata proposta all'Unione Europea «non trova fondamento normativo in sede comunitaria e contrasta con il principio di sicurezza alimentare».
«La competenza unionale in materia di additivi alimentari è indubbia» - prosegue la sentenza - «[...] e rientra tra le prerogative dell'Ue», le cui istituzioni inquadrano il lisozima come additivo con funzione conservante per qualsiasi formaggio nella cui produzione venga utilizzato.
Il Grana Padano dovrà quindi ora cambiare etichetta.
I Giudici amministrativi hanno, così, dato ragione al Consorzio del Parmigiano Reggiano, che invece è prodotto totalmente privo di additivi.
Al centro della querelle, la circolare protocollata 19335 del 08/05/2018 del Ministero della Salute, che - in contrasto con il regolamento europeo n. 2008/1333 - stabilva la classificazione del particolare enzima in questione con attività battericida da "additivo conservante" a "adiuvante tecnologico", consentendo, pertanto, anche al Grana Padano Doc di di riportare in etichetta la dicitura "senza conservanti" (la decisione del Dicastero si basava su pareri scientifici che dimostravano come l'azione del lisozima fosse quella di "pilotare" le fermentazioni in modo corretto, impedendo lo sviluppo di microrganismi che potevano alterare la maturazione dei formaggi). La nuova classificazione del lisozima prevista dalla circolare modificava - quindi - l'elenco degli addidtivi alimentari considerati tali dalla normativa comunitaria, consentendo, tra l'altro, solo al Grana Padano e a qualche altro formaggio di trarne beneficio.
Netto, però, il verdetto dei Giudici: secondo il Tar, infatti, questa deroga alla normativa che era stata proposta all'Unione Europea «non trova fondamento normativo in sede comunitaria e contrasta con il principio di sicurezza alimentare».
«La competenza unionale in materia di additivi alimentari è indubbia» - prosegue la sentenza - «[...] e rientra tra le prerogative dell'Ue», le cui istituzioni inquadrano il lisozima come additivo con funzione conservante per qualsiasi formaggio nella cui produzione venga utilizzato.
Il Grana Padano dovrà quindi ora cambiare etichetta.